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Squinzi: per crescere dobbiamo puntare su cultura e ricerca

22 novembre 2013 - «Proprio oggi Confindustria festeggia l'undicesima Giornata della Ricerca e dell'Innovazione. E il Sole-24 Ore organizza la seconda edizione degli Stati Generali della Cultura. Mi pare una felice coincidenza».
In una Sala Collina colma di intellettuali e imprenditori, pensionati e studenti, Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, parte proprio da questo: il felice connubio - nello stesso giorno e nella stessa dimensione progettuale - fra cultura e ricerca, arte e tecnica, bellezza e scienza. E, quasi emozionato per l'intervento della scienziata (e senatrice a vita) Elena Cattaneo sulla solitudine e le gioie della vita della studiosa, cita a memoria l'Articolo 9 della Costituzione: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione».
Già nel dettato costituzionale c'è, dunque, un progetto culturale: «Qualcosa di unitario - riflette Squinzi - in cui non si percepisce alcuna frattura fra la cultura umanistica e la ricerca scientifica, né fra quest'ultima e la tecnica propria, ad esempio, dell'attività industriale. Lo dico con la soddisfazione di chi ha fatto - e fa - l'imprenditore da uomo di ricerca». E, se si pensa che a questo si aggiunge il paesaggio e il patrimonio storico e artistico, ecco che - di questo Paese, la nostra Italia - si staglia nitidamente il profilo identitario e - la scommessa del futuro - di una intera comunità. Un profilo in linea teorica noto a tutti, ma spesso misconosciuto nelle pratiche di governo. E che, invece, è appunto il cuore di una iniziativa come gli Stati Generali della Cultura.
«Gli Emirati Arabi hanno il petrolio - nota Squinzi - , il nostro petrolio è costituito dal patrimonio culturale e paesaggistico». Questa scommessa, naturalmente, non può non passare da due elementi: la fine della depressione collettiva che ha colto gli italiani, estenuati dalla crisi, e una nuova stagione in cui la cultura e l'innovazione non siano più ancillari a tutto il resto, ma rappresentino invece il sale di una nuova politica economica, formandone l'orizzonte strategico.
«Ha ragione un grande imprenditore come Patrizio Bertelli - riflette Squinzi - noi siamo in crisi, ma non dobbiamo sentirci in crisi. Va sconfitto questo atteggiamento in cui ci stiamo adagiando. Abbiamo tutte le potenzialità per riscattarci».
Anche se, naturalmente, in questo complesso meccanismo di uscita - mentale e materiale - dalla recessione, contano non poco le policy. «Dobbiamo fare delle scelte - dice Squinzi - : quando non si riescono a trovare le risorse destinate al credito di imposta per la ricerca, significa che si è dimenticato che cosa serve per uscire dalla crisi». Pochi minuti e, da Palazzo Chigi, il presidente del Consiglio Enrico Letta annuncia che, la prossima settimana, nel Collegato alla Legge di Stabilità si troveranno significative risorse per il credito di imposta sulla ricerca. Tuttavia, il presidente di Confindustria non rinuncia a ricordare la necessità di misure organiche per l'innovazione scientifico-industriale e per gli investimenti culturali.
Queste misure, naturalmente, devono nutrirsi - sotto il profilo finanziario - delle risorse liberate, per esempio, dalla complessa operazione di spending review affidata all'ex dirigente del Fmi, Carlo Cottarelli. «Lo abbiamo incontrato. Ci è parsa una persona preparata e determinata. Noi ci crediamo. Ci dobbiamo credere. Perché, sennò, il declino diventa una prospettiva inesorabile. Perché non pensare di ridurre del 2, del 3, del 4 o magari del 5% la spesa della Pubblica Amministrazione, che oggi ammonta a 800 miliardi di euro? Nelle nostre aziende, noi, l'abbiamo fatto tutti», dice rivolgendosi agli imprenditori intervenuti agli Stati Generali della Cultura.
A quel punto, si troverebbero cospicue risorse per gli investimenti, essenziali per la crescita tanto quanto la riduzione del debito pubblico: «In primo luogo, questi risparmi potrebbero andare a finanziare il taglio del cuneo fiscale sul costo del lavoro. Ma potrebbero servire anche per sostenere il finanziamento della ricerca. E, naturalmente, per valorizzare i grandi giacimenti culturali, artistici e paesaggistici che ancora oggi rappresentano le risorse maggiori, e inespresse, del nostro Paese».

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In allegato I Numeri dell'Industria Culturale

di Paolo Bricco, Il Sole24Ore