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Nuovo accordo fra Anci e Siae per diminuire i costi

E' stato sottoscritto un nuovo accordo fra Anci e Siae, che prevede fra l'altro la semplificazione delle procedure e la diminuzione dei costi per gli spettacoli organizzati dai Comuni. L'intesa sostituisce la precedente del 2002, allo scopo di regolamentare e semplificare la disciplina delle utilizzazioni musicali durante gli eventi, gratuiti e non, organizzati dai Comuni.

Le principali novità riguardano l'estensione dell'accordo anche ad altri soggetti "terzi" organizzatori, purché partecipati dai Comuni o che organizzano eventi per conto degli enti locali, oltre che ad organismi controllati dagli enti locali e ad associazioni no profit che organizzano eventi per conto del Comune.

Sia i Comuni sia gli enti terzi organizzatori avranno accesso ai nuovi servizi digitali di Siae, potranno quindi richiedere il rilascio dei permessi attraverso il portale online e compilare i programmi musicali utilizzando la piattaforma web mioBorderò.

Sul fronte dei costi, l'intesa prevede la riduzione dal 50% al 35% della quota di contributi da prendere a riferimento per la base di calcolo del diritto d'autore, e la possibilità per l'organizzatore di optare per un sistema forfettario, attraverso il pagamento di un importo aggiuntivo commisurato alla capienza del luogo in cui si svolge l'evento. E' stata ampliata la platea dei cosiddetti spettacoli "minori" per cui si applicano le tariffe minime: nel vecchio accordo erano quelli con 2500 euro massimo di spesa complessiva, soglia che adesso viene alzata a 5mila euro. Aumenta anche la riduzione concessa sui compensi fissi dovuti per le manifestazioni gratuite, ossia quelle senza il pagamento di un biglietto, che dal 10% sale al 15%. 

"Siae non vuole essere percepita come un 'esattore' ma come un partner dei Comuni per sviluppare attività culturali sul territorio", ha commentato il presidente della Siae Filippo Sugar. La nuova intesa sarà valida fino al 31 dicembre 2018. 

Il governo britannico affronterà il problema dei ticket bot prima di Natale

Il governo britannico è sempre più deciso a combattere il mercato secondario online non autorizzato. Matt Hancock, ministro della cultura, delle comunicazioni e delle industrie creative, ha dichiarato il suo sostegno alla campagna del parlamentare Nigel Adams per mettere fuori legge l’uso dei ticket bot.

La discussione sull’argomento potrebbe avvenire prima di Natale e si aspetta ancora la risposta del governo al rapporto Waterson, che dovrebbe anche includere interventi dei membri dell’industria musicale.

Servono, comunque, interventi a tutto campo, secondo il dirigente della FanFair Alliance: «L’abuso dei software da parte dei bagarini che si inseriscono nella vendita dei biglietti e rovinano tutto per i veri fan. Non è però l’unico problema, per rendere il mercato più funzionale per il pubblico serve anche che vengano rispettate le leggi per i consumatori».

Prince, raggiunto un accordo con Universal per la sua musica anche inedita

Dopo tanti misteri e voci, il catalogo musicale di Prince ha trovato una collocazione. È stata la Universal Music Publishing Group ad aggiudicarsi un accordo con gli amministratori del patrimonio di Prince: ci sono anche brani ancora inediti nei termini dell’accordo.

Sono comprese le canzoni pubblicate dalla Warner Bros negli anni Settanta-Novanta e gli altri album con distributori diversi.

Jody Gerson, amministratore delegato di Universal, ha commentato: «Siamo grati che ci sia stato affidato il catalogo di Prince. Con il suo essere senza tempo e il suo genio, non si sono limiti a quello che si può realizzare lavorando con gli amministratori del suo patrimonio. La sua popolarità continuerà a crescere».

Taylor Swift la più ricca donna dello spettacolo per Forbes

Il mensile Forbes ha stilato la classifica delle donne più pagate nel mondo della musica e la vincitrice è Taylor Swift, con guadagni nel corso di un anno per 170 milioni di dollari, dovuti in gran parte al suo tour mondiale 1989.

Al secondo posto c’è Adele, con meno della metà a 80.5 milioni, dovuti soprattutto alle vendite dell’album 25, mentre Madonna si ferma al terzo gradino del podio con 76.5 milioni.

Katy Perry, al primo posto nel 2015, è scesa al sesto con 41 milioni quest’anno, superata anche da Rihanna, con 75 milioni, e Beyoncé, con 54.

Vincenzo Spera fra i relatori a Nouvelle Prague

Il presidente di Assomusica Vincenzo Spera sarà fra i relatori dell’incontro introduttivo di Nouvelle Prague, che si svolgerà a Praga dal 4 novembre. Spera parteciperà con Jens Michow, Matjaz Manček, Dijana Lakuš e Marton Náray al panel riguardante l’importanza di un network a livello europeo.

Assomusica è infatti fra i promotori e i fondatori dell’European Live Music Network. «Alleanze basate su sinergie sono una situazione vincente per tutti e l’ELM è un’iniziativa dell’UE per costituire le risorse più importanti per la crescita e per sostenere la musica live in tutti gli Stati membri». Moderatore dell’incontro sarà Georges Perot, cofondatore di NPO Meso events.

Nella stessa giornata si parlerà anche dell’importanza del green per risparmiare non solo energia e materiali ma anche soldi, mentre in pomeriggio si affronterà l’importanza di digitalizzare le industrie relative alla musica. Ci sarà anche un incontro dimostrativo su come promoter, agenti ed editori musicali ascoltano i demo che pervengono loro.

Il 5 novembre, poi, sarà il momento per parlare di finanziamenti e di branding dei musicisti, di istruzione musicale e di utilizzare network per la vendita di biglietti.

 

Germania, accordo fra YouTube e associazione per i diritti in campo musicale

In Germania le organizzazioni che gestiscono i diritti in campo musicale hanno fatto «pace» con YouTube. Gli utenti locali, ora, potranno accedere a diversi video che prima erano bloccati proprio per dispute sui diritti.

È stato così raggiunto l’accordo su una disputa che andava avanti dal 2009, ben prima delle polemiche attuali sul canale in streaming.

Secondo quanto dichiarato da YouTube i musicisti, ora, potranno raggiungere un pubblico maggiore, mentre secondo l’associazione GEMA i suoi 70 mila membri potranno ottenere una giusta remunerazione.

Già nel 2012 un tribunale di Amburgo aveva ordinato a Google di bloccare i video di cui non possedesse i diritti. Nel gennaio di quest’anno, invece, a Monaco era stato emesso un verdetto contro la GEMA che chiedeva danni per 1.6 milioni di euro. Con l’accordo annunciato, tutte le cause pendenti sono state fatte cadere.

Bob Dylan accetta il premio Nobel per la letteratura

Bob Dylan ha deciso di accettare il Premio Nobel per la letteratura. Il cantante, a cui la vittoria era stata comunicata il 13 ottobre, non aveva risposto all’Accademia svedese, facendo venire il dubbio che non volesse partecipare alla cerimonia.

Secondo quanto riportato dalla segreteria permanente dell’accademia, Sara Danius, Dylan ha contattato gli organizzatori dicendo di essere rimasto «senza parole» per il riconoscimento e che il cantautore 75enne vorrebbe partecipare «assolutamente» alla consegna, il 10 dicembre.

Nel 2000, Dylan aveva già accettato da re Carl XVI Gustaf il premio Polar Music. 

La 02 Arena diventa più accessibile per i fan disabili

La location 02 di Londra ha fatto un passo avanti nella direzione dell’accessibilità. Per la prima volta, infatti, le piattaforme accessibili anche ai fan disabili per assistere ai concerti saranno acquistabili anche online. Prima era possibile comprare questi pass solo al telefono.

L’accessibilità della 02, comunque, è giudicata “Gold” dall’associazione benefica Attitude. Ci sono due piattaforme adatte ai fan disabili nell’arena da 21mila persone. Nel 2015 il numero di fan disabili e sordi che ha partecipato a un concerto è cresciuto, nel Regno Unito, del 26 per cento.

Il festival BUE torna a Buenos Aires dopo dieci anni

E' tornato, dopo più di dieci anni di assenza, il festival BUE che ha attirato a Buenos Aires un pubblico di 40 mila persone, su due giorni di evento.

Le prime edizioni si erano svolte fra il 2004 e il 2006 con artisti come Daft Punk, Beastie Boys, The Strokes, Patti Smith, Kings of Leon e Massive Attack.

Per il 2016, il lineup è stato di Iggy Pop, The Libertines, Pet Shop Boys e Wilco, confermando lo spirito di avanguardia del festival. 

L'Espresso: Daniel Barenboim: "L'Europa dei burocrati uccide la musica"

Alla Scala c’è sempre un tempo per il ritorno, cerimoniosa metafora della resurrezione cattolica. Avvenne per Claudio Abbado dopo 26 anni di assenza, così è parzialmente accaduto a Riccardo Muti a 11 anni dal suo addio, con la mostra dedicatagli al Museo teatrale. E il 7 novembre sarà il turno di Daniel Barenboim che, dopo aver lasciato due anni fa la direzione musicale dell’ente scaligero a Riccardo Chailly, inaugurerà la nuova stagione sinfonica della Filarmonica.

La trentacinquesima, da quando Abbado ebbe, insieme ai musicisti scaligeri, l’idea di sviluppare in maniera organizzata e permanente il repertorio sinfonico nel contesto della tradizione operistica del teatro. Tale ritorno avverrà nel nome della Settima sinfonia di Anton Bruckner, un suo cavallo di battaglia, e del Primo concerto per pianoforte di Beethoven, con Martha Argerich solista. Nei giorni successivi Barenboim, come pianista, si esibirà al San Carlo di Napoli e a Santa Cecilia a Roma.

Per il settantaquattrenne direttore d’orchestra argentino-israeliano è una lieta circostanza. La commenta per la prima volta con l’Espresso: «Ho tanti piacevoli ricordi. Alcuni legati a importanti messe in scena come il “Tristano” di Wagner con la regia di Patrice Chéreau o “Il giocatore” di Prokofiev con quella di Dmitri Tcherniakov. Ma in generale rammento con piacere il mio lavoro di dieci anni con l’orchestra. Riuscimmo a svolgere un’intensa e proficua attività senza il minimo conflitto e divertendoci, cosa che non è sempre scontata in questo mestiere e con altri ensemble nel resto del mondo».

In particolare Barenboim si fa vanto delle sue interpretazioni della “Messa da Requiem” di Giuseppe Verdi. «Non lo dico per spocchia, ma ci tengo a sottolineare che in quegli anni ho potuto sviluppare un’enorme confidenza e un notevole approfondimento nei confronti di questo capolavoro, con la stessa orchestra e lo stesso coro, variando solamente i solisti di canto. Ci sono certi pezzi che sono caratteristici, quasi proprietà, di precise orchestre, istituzioni e tradizioni. A esempio i valzer nel Concerto di Capodanno per i Wiener Philharmoniker, o alcune sinfonie di Bruckner per la Staatskapelle o i Filarmonici di Berlino. Simile esclusività esiste fra la “Messa da requiem” di Verdi e la Scala».

Un Verdi diretto da Barenboim, e con plauso della critica. Da una bacchetta non italiana, dunque. L’osservazione maliziosa fa tornare in mente al maestro alcune polemiche che infiammarono la quotidianità al tempo del suo incarico milanese. A Barenboim, interprete di riferimento per la musica di Beethoven o Wagner, veniva infatti rimproverato di non trovarsi a suo agio nell’affrontare l’opera italiana. Il maestro allora come ora ha le idee molto chiare sull’argomento: «L’italianità è un concetto molto più complesso di quel che di solito si intende. Cos’è l’italianità? È Dante, Boccaccio, Pirandello, Verdi o Rossini? Cinque universi diversi. Hanno qualche cosa in comune? Sì. Ma questo a mio modo di vedere è molto meno interessante di ciò che li differenzia. E la teutonicità nella musica cos’è? È Brahms, Wagner, Beethoven o Schumann? Brahms e Wagner artisticamente parlando, oltre che umanamente, erano quasi nemici, a livello stilistico andavano in due direzioni diverse. Quando si parla dell’italianità, da voi, a volte si rasenta la superficialità. Verdi è molto più grande di questo concetto. Nel suo studio aveva le partiture dei Quartetti di Beethoven. Solo dopo averle assimilate osò scrivere il suo quartetto».

Eppure Barenboim conviene che ci sono elementi nazionalistici di tipo culturale. «Il problema comincia quando questo nazionalismo culturale diventa politico. Quando i tedeschi dicono: “Per comprendere la musica tedesca bisogna capire questo elemento teutonico intrinseco”, hanno ragione. Ma quando negli anni Trenta alcuni di loro affermavano: “Soltanto un tedesco può capire questa musica”, scadevamo nel più volgare dei fascismi».

La grande musica, insomma, deve uscire fuori dai ristretti confini, soprattutto intellettuali, di una nazione. Il non riconoscerlo a livello locale sottende, secondo Barenboim, una delle grandi “quaestiones” riguardanti l’essenza stessa del concetto d’Europa. «Perché l’Unione europea ha tanti problemi? Per tante ragioni che conosciamo tutti: la crisi del Medio Oriente, quella economica e via discorrendo», riflette. «Ma l’Unione europea non è stata creata solo per essere un’unione monetaria o politica. Si capisce adesso, retrospettivamente parlando, che è stato uno sbaglio non aver messo fin dall’inizio un accento speciale sull’educazione generale della cultura nei diversi paesi della Ue. Perché se c’è qualche cosa che il continente europeo ha e nessun altro in tale grado di quantità e di qualità, è proprio la cultura». Per Barenboim, insomma, la crisi dell’Europa va letta anche con la mancata diffusione di un concetto di cultura “allargato”, che escluda particolarismi disgregatori, nocivi quanto e forse più di quelli d’origine economica.

Altri problemi, nelle passate stagioni scaligere, derivavano, secondo il sovrintendente di allora Stéphane Lissner, dal diverso livello culturale di preparazione dello spettatore italiano medio rispetto a quello dei paesi anglosassoni per quanto riguardava la possibilità di assimilare alcune innovative regie d’opera. «Sull’argomento vorrei fare una riflessione storica», spiega Barenboim. «Fino agli anni Venti del secolo scorso in tutti i teatri d’opera europei la regia praticamente non esisteva. Era un arrangiamento scenico e basta. Fu allora la Kroll Oper di Berlino, sotto la direzione musicale di Otto Klemperer, la prima istituzione culturale a sperimentarla. Ma il resto della Germania rimase d’indirizzo conservatore e il festival wagneriano di Bayreuth non sfuggiva alla regola. Finché alla sua direzione artistica non arrivò Wieland Wagner, che fece una rivoluzione, scoprendo la possibilità di fare allestimenti non naturalistici, indirizzati verso una decisa astrazione e un simbolismo che riportarono la musica in primo piano. Questo influì molto sulle linee di tendenza generali. In seguito, come avviene per tutte le cose nuove, ci furono delle conseguenze positive e altre negative. In Germania in particolare si giunse a delle esagerazioni ridicole, soprattutto da parte di registi che non avevano né la cultura né l’intelligenza di capire la musica. Ebbene, io considero che nei teatri lirici italiani un cambiamento di tal fatta non ha mai avuto esteso fondamento. Quali sono stati i grandi innovatori della regia d’opera nel vostro paese fino a metà degli anni Sessanta? Soltanto Luchino Visconti, che ha fatto poche cose, e Giorgio Strehler. Per questo Lissner ha trovato difficoltà a concretizzare in successi alcuni suoi progetti. Devo però sottolineare che il pubblico scaligero si è dimostrato più ben disposto a un rinnovamento di repertorio che riguardava la musica strumentale. A esempio, ho prodotto un ciclo dedicato a Schönberg, avvicinandolo a composizioni di Beethoven, che ha registrato lusinghieri e generalizzati apprezzamenti».

I rapporti fra il maestro Barenboim e l’Italia risalgono agli anni Cinquanta. Nel 1956 prendeva parte ai corsi per direzione d’orchestra dell’Accademia chigiana di Siena, «ma ho suonato il primo concerto in Italia, a Roma, nel dicembre del 1952», ricorda. «È stato molto importante per me. L’ho tenuto all’Accademia Filarmonica romana, diretta allora dalla leggendaria signora Adriana Panni. Lì fra l’altro ho conosciuto Igor Stravinskij, un incontro fra i più decisivi della mia carriera. E poi ho suonato un po’ dappertutto: a Bari, Padova, Perugia, in Sicilia».

Con le sue raffinate “antenne musicali”, come è cambiata la situazione musicale italiana rispetto ad allora? «In Italia c’erano due livelli », risponde Barenboim. «Il primo era quello lirico con naturalmente la Scala, ma anche l’Opera di Roma, in primo piano. Il secondo, quello della musica strumentale, era animato da iniziative che parevano d’ispirazione elitaria, con l’aiuto dei privati. Ricordo a esempio la signora Alba Buitoni, a Perugia, che organizzava con grande coinvolgimento i suoi bellissimi concerti. E il conte Guido Chigi Saracini a Siena, Roman Vlad a Roma, Massimo Bogianckino a Firenze e Spoleto. Insomma, la maggioranza degli appuntamenti si svolgeva grazie ad alcune personalità brillanti e intraprendenti. Ma non c’era una vera e propria vita al di fuori della lirica. Ai giorni nostri da questo punto di vista le cose in Italia sono migliorate: penso a certi programmi scaligeri, a quello che fa il mio amico Antonio Pappano a Roma. In questo senso la creazione dell’Orchestra Filarmonica della Scala da parte di Abbado fu di grande rilevanza».

Parlando con Barenboim, l’interlocutore si accorge di come egli non veda la musica solo come una combinazione di note. Per lui, come per Mahler, una grande sinfonia è anche una concezione del mondo. Il suo filtro intellettuale irresistibilmente riporta tutti gli aspetti del reale alla possibilità di un’educazione musicale non effimera. Perché, secondo lui, da questa arte si può apprendere un’incredibile quantità di cose utili per la vita. E una fuga di Bach può far comprendere la realtà storica come un gesto o un libro: «L’educazione all’ascolto è molto più importante di quello che possiamo immaginare, non solo per lo sviluppo di ogni individuo, ma anche per il funzionamento della società nel suo complesso. Il talento musicale e l’intelligenza uditiva sono aree spesso separate dal resto della vita umana, confinate nella funzione di intrattenimento o nel regno esoterico dell’arte d’élite. L’abilità di ascoltare diverse voci insieme cogliendo l’esposizione di ciascuna di esse separatamente, la capacità di ricordare un tema che fece la sua prima comparsa per poi seguire un lungo processo di trasformazione, e che ora ricompare in una luce differente, e infine la competenza uditiva necessaria per riconoscere le variazioni geometriche del soggetto di una fuga, sono tutte qualità che accrescono la comprensione». Persino quella fra i popoli.

Da qui al concetto di impegno civile teorizzato in libri e interventi pubblici con Edward Said, il famoso intellettuale palestinese scomparso nel 2003, il passo è breve. Una delle loro tesi portanti è che in una società democratica l’intellettuale deve separarsi dalla politica, dal potere, per criticarlo e cambiare la realtà. Anche oggi, secondo Barenboim «c’è bisogno di una generazione di intellettuali focalizzati sulla cosa comune, slegati dalle logiche dei poteri, al fine di promuovere una cultura dell’etica e della conoscenza. Consideri il conflitto fra Israele e Palestina. Come si può immaginare dopo cinquanta anni di occupazione un futuro nel quale possano vivere insieme o accanto israeliani e palestinesi, quando l’unica conoscenza che hanno questi ultimi di Israele sono i soldati e i carri armati? Da fuori non verrà la soluzione: gli americani hanno altre cose da fare, in giro per il mondo. E la Germania non potrà a causa della coscienza dell’olocausto. Si dovrebbe creare un gruppo, un forum di intellettuali israeliani e palestinesi che abbiano l’esperienza della diaspora, come l’aveva Said».

E magari seguire l’esempio di Papa Francesco. «È andato in Terra santa e ha detto a Ramallah delle cose che non sono piaciute ai palestinesi. Altrettanto ha fatto a Tel Aviv con gli israeliani. Poi ha invitato il presidente israeliano dell’epoca, Shimon Peres, e quello dell’autorità palestinese Abu Mazen in Vaticano. Sapendo molto bene che né l’uno ne l’altro vi andavano per pregare. Secondo me ha voluto dire che tutto quello che è stato fatto in questi decenni è servito a molto poco. Adesso dobbiamo cercare un altro modo per risolvere i problemi in Medio Oriente. Sono un grande ammiratore di Papa Francesco, il suo impegno etico mi convince».

Barenboim non teme l’accusa di velleitarismo intellettuale. Che sia rimasto condizionato dalla sua copia dell’“Etica” di Spinoza, il filosofo preferito, che, ormai sgualcita da tempo, l’ha seguito per i tour concertistici mondiali? Non sembra: «Il grande Voltaire una volta accusò gli scritti di Spinoza di abuso di metafisica. Oggi però l’assoluto metafisico è più importante che mai. Pensare in maniera metafisica significa, in senso etimologico, andare al di là del materiale, del tangibile e del letterale, per comprendere sia l’essenza di un soggetto, sia la sua relazione con tutti gli altri soggetti, che si tratti di una persona o di un governo, di una voce in una fuga di Bach o di un fatto storico. Il pensiero liberato, in realtà, è un valore importante in un’epoca in cui i sistemi politici, i vincoli sociali, i codici morali e la “political correctness” spesso condizionano il modo di ragionare».

Un atteggiamento serioso, che non completa le sfaccettature della personalità di Barenboim. Al termine dell’intervista, arrivati al momento dei saluti, si avvicina con espressione complice: «Le devo confessare il mio totale amore per l’Italia. Io sono nato in Argentina, ma quando ho voglia di scherzare dico: “L’Argentina è l’unico paese dell’Italia dove non si parla italiano”. Sono stato pure molto bene a Chicago, durante i trentasette anni che vi ho trascorso, diciassette dei quali come direttore musicale. Ero assolutamente sbalordito dalla qualità dell’orchestra e raggiungevo grandi soddisfazioni professionali. Ma fuori dalle prove e dai concerti era un altro paio di maniche. A Milano sono stato molto felice anche quando mi allontanavo dalla Scala. La gente si veste come a Buenos Aires e, ciò che è più importante, “gode” in maniera simile. Il godere è una cosa che non è data a tutti i popoli. Per noi latini è un valore assoluto. È l’equivalente del risparmio per i tedeschi. Ricordo molto bene una signora assai fiera del suo bambino: gli dava all’epoca cinque marchi alla settimana. E quando, arrivato il venerdì, lui le faceva notare che gliene erano rimasti ancora due, lei toccava il cielo con un dito. Invece i miei bambini il lunedì o il martedì avevano già speso tutto in gelati o giochini. Insomma, quando ero a Milano sentivo che tutta la gente, di qualsiasi classe sociale o opinione politica fosse, aveva questa volontà di godersela. Un elemento molto importante». Spinoza sarebbe stato d’accordo.

 

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