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Il ritorno di Plastikman “Uomo contro macchina è la musica elettronica”

  • Scritto da Carlo Moretti
  • Pubblicato in Attualità

E' UNO dei padri della scena techno di Detroit e uno dei dj più richiesti al mondo. Ma da qualche tempo il canadese Ritchie Hawtin è diventato l’anello di congiunzione tra la musica elettronica e il mondo dell’arte: dopo le collaborazioni con lo scultore Anish Kapoor e con l’artista della luce James Turrell, alla fine dello scorso anno per lui si sono aperte le porte del Guggenheim Museum di New York: un’installazione sonora che il 15 luglio diventerà il nuovo album firmato Plastikman, l’incarnazione artistica cui Hatwin affida i suoi dischi. Rari, ormai, visto che per questo intitolato Ex i suoi fan hanno dovuto attendere dieci anni. Giovedì questa massima autorità della musica elettronica sarà a Ibiza dove inizia il suo progetto ENTER., e domenica si esibirà in un dj set al “Kappa FuturFestival”, nel parco Dora di Torino.

A Barcellona, per il concerto-show di Ex, Hawtin ha utilizzato lo stesso monolite di luce digitale visto al Guggenheim. Ma al Sonar ha voluto anche rompere le regole di un concerto, evitando il palco e sistemandosi con le sue macchine proprio nel mezzo della platea: «Volevo uno show che tenesse insieme musica elettronica, arte e tecnologia», spiega Hawtin nel suo albergo di fianco alle Ramblas. «Un concerto che mettesse in luce la mia lotta constante negli ultimi 25 anni tra uomo e macchina, cuore e tecnologia: tutto questo è diventato ciò che io chiamo lo spettacolo di Davide contro Golia». L’elettronica come un corpo a corpo... «In molti pensano che sia sufficiente spingere un bottone e la musica si fa da sé. Non è così, l’elettronica raggiunge il massimo di espressività quando la tecnologia amplifica ed esalta l’individualità che la controlla, portandola a un livello spirituale più alto. Per questo volevo stare in mezzo alla gente, perché la tecnologia oggi ci unisce molto più che un tempo ma ci può anche togliere qualcosa. È il tema di oggi: quanto ci può unire e quanto invece ci possa limitare, prendendo troppo controllo sulle nostre azioni». Il disco è stato registrato durante l’esibizione al Guggenheim ma la musica è stata composta da Hawtin prima, «nel salotto di casa mia, sul tavolo del mio salotto, con la mia compagna seduta lì accanto che leggeva un libro, per questo è un disco più ottimistico del precedente Closer , con più luce, un suono decisamente più caldo ». L’occasione e lo spazio in cui sarebbe stato suonato ha forse influenzato il risultato finale? «Di sicuro, la musica è stata creata proprio pensando alle sensazioni che ho provato attraversando l’edificio. L’album è uno spazio sonico-architettonico ». In 25 anni Hawtin ha visto l’affermazione dell’elettronica: «Essendo uno dei primi artisti della techno, inevitabile che io abbia sempre sentito una certa responsabilità per la scena. Ho inseguito un sogno: fare dell’elettronica la musica più grande, più del rock e dell’hip hop. E oggi tutto il mondo converge verso questa mia idea di fondo».
 
fonte: repubblica.it
Ultima modifica ilMartedì, 01 Luglio 2014 17:13