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Assomusica Roma

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SIAE: I CONTI SONO IN ORDINE, IL 2014 È STATO UN ANNO POSITIVO

Il bilancio della SIAE 2014 ha i conti in ordine e i risultati raggiunti sono positivi. Gli incassi totali hanno raggiunto 622 milioni di euro (con un incremento di 12 milioni rispetto all’anno precedente). La SIAE ha invertito la tendenza dei propri incassi segnando una crescita del 2,1%, accompagnata da una maggiore efficienza dal lato dei costi che sono calati del 2,1%.

Anche nel 2015 l’andamento degli incassi del primo semestre evidenzia (rispetto al primo semestre 2014) un incremento di circa 66,5 mln di euro (+ 21,1%) di cui circa 31 mln ascrivibili alla raccolta per diritto d’autore e 35,5 mln generati dalla copia privata. 560 milioni sono stati liquidati agli autori ed editori (con un aumento di circa 27 milioni di euro, +5% rispetto al 2013); le risorse attive hanno toccato 195 milioni di euro a fronte di 180 milioni di costi.

L’utile di gestione è di 3,5 milioni di euro: un risultato positivo, ottenuto anche grazie al processo di ristrutturazione aziendale avviato negli anni passati. I conti sono a posto nonostante i provvedimenti di riduzione delle provvigioni Musica che hanno consentito di diminuire il prelievo a carico degli associati di oltre un punto percentuale (-1,3%) corrispondente a 4,7 milioni di euro di maggiori diritti disponibili per la ripartizione.

La raccolta per diritto d’autore ha registrato un lieve incremento, raggiungendo 524,3 milioni di euro (+0,3% rispetto al 2013). Sul fronte del broadcasting, sono stati conclusi rinnovi di licenze con emittenti nazionali primarie e in ambito multimediale la raccolta ha toccato 11,4 milioni di euro (+15% rispetto al 2013). Segmento in contrazione è invece quello dei diritti di riproduzione (da 20,5 milioni di euro a 18,1): il segno meno qui è dovuto alla riduzione della vendita dei supporti, in particolare cd e dvd.

Il margine di esercizio di 15 milioni di euro - il divario tra risorse e costi - ha consentito di realizzare nuovi investimenti strutturali, di carattere strategico, ma anche di attribuire un sostegno significativo a iniziative di solidarietà e culturali. I contributi per progetti di particolare rilevanza sociale e artistica (dalle carceri agli ospedali pediatrici; dalle rassegne musicali e cinematografiche alle iniziative che combattono il disagio psichico) ammontano in totale a 1,6 milioni di euro: circa 8 volte di più rispetto all’anno precedente.

Nel corso dell’esercizio 2014, SIAE ha poi delineato il Piano Strategico 2015-2016, il quale dà molta importanza alla promozione dei giovani autori ed editori - verso i quali sono state intraprese iniziative dedicate, come l’azzeramento della quota associativa fino ai 31 anni -, alla digitalizzazione dei processi più importanti della Società e all’adeguamento di SIAE alla Direttiva Comunitaria sulle Società di Collecting.

 fonte: Rockol.it

Ai concerti al Franchi 38mila da fuori Toscana

OLTRE 165 mila spettatori con una media di 33 mila presenze a concerto e un 26 per cento ( per un totale di 38 mila persone) proveniente da fuori Toscana. 800 gli spettatori arrivati dall'estero: Svizzera, Germania, Austria, Spagna, Stati Uniti. 16.200 biglietti di Trenitalia venduti per raggiungere Firenze, 23 mila gli euro raccolti a sostegno di associazioni di volontariato.

 

Sono le cifre dei tré concerti allo stadio Franchi: Vasco Rossi, Tiziano Ferro, Jovanotti. Che la Prg, la società che li ha organizzati — e che ora sta trattando per portare all'Opera di Firenze Keith Jarrett — rende note proprio nel giorno in cui David Gilmour al Visarno fa da sigillo all'Estate Fiorentina. Cifre che snocciolano anche dati occupazionali confortanti: « Solo per i servizi di facchinaggio, assistenza e ristorazione svolti da società locali — raccontano Massimo Gramigni e Claudio Bertini — è stato calcolato un monte ore-lavoro corrispondente a quello di dodici dipendenti a tempo pieno per un anno».

 

Come rispondono le istituzioni a questi numeri?

Bertini: «Le amministrazioni comunali intervengono là dove si registrano emergenze. Se ci fosse totale assenza di spettacoli, probabilmente entrerebbero in campo». Gramigni: «Noi continuiamo a prendere atto dell'investimento pubblico altissimo nella musica classica, a fronte ad esempio di un contributo che la Prg ha erogato per il rifacimento del campo del Franchi: 180 mila euro, ovvero ciò che avremmo pagato di materiale per coprirlo, ma che stavoltta non abbiamo utilizzato proprio in vista dei lavori».

 

Molti promoter toscani sono in polemica con la Regione perché, dicono, potrebbe fare di più per la musica pop, rock o jazz. A livello di finanziamenti, ma non solo.

Gramigni: «La sensazione è che a contare non è quello che organizzi e come, ma l'assetto che ti sei dato.

Finanziare le associazioni culturali lascian do fuori le sri non solo è imperdonabile, ma antistorico. Intuire la legittimità e la congruità di eventi organizzati da privati dovrebbe essere uno dei primi compiti della pubblica amministrazione, soprattutto quando c'è ricaduta economica. Tutto il lavoro delle sri che in altri settori viene considerato un valore economico, nella cultura non ha diritto d'esistere, quando si parla di spettacolo si è buoni solo a distinguere tra profit e no profit. Io spesso consulto bandi europei dove viene richiesto non cosa sei, ma cosa fai. E se fai io ti do. Ma si sa, l'Italia è il Paese della pigrizia. La stessa che ha fatto morire "Toscana rock", l'operazione sul turismo legato ai concerti inventata dall'asses- sore Scaletti».

 

Però c'è la sensazione che, dopo l'estate della tripletta Madonna, Springsteen e Radiohead, Firenze rimanga fuori dal mercato degli artisti internazionali sia di grosso che di medio calibro. Gramigni: «Å' un problema di bacino d'utenza ridotto e di strutture efficienti che sono tante ma non possono competeré con le capienze del palasport di Bologna o di quello torinese.

 

La presenza di grandi festival estivi che godono di finanziamenti pubblici anche se esigui, fa il resto». Bertini: «Ma se guardiamo al complesso degli eventi, la Toscana si colloca nella fascia più alta, europea direi, di frequenza di spettacoli».

 

Il sindaco Nardella vuole fare di Firenze la città dove si progetta un nuo- Finanziare le associazioni culturali e lasciar fuori lesrièatto assurdo e antistorico LE ALTRE Non si può competeré con città più grandi, ma la Toscana nel suo è forte vo modo di organizzare eventi live attraverso un progetto di snellimento burocratico. Cosa ne pensate? Gramigni: «L'osserviamo con curiosità, ma prima di tutto si deve lavorare ad una legge nazionale sulla musica dal vivo che unifichi le procedure e non le dissemini in ministeri diversi. E che si stabiliscano un nuovo statuto e nuove funzioni della Siae a favore di un'idea dello spettacolo come identità nel mondo dell'Italia. Un soggetto che potrebbe dare sostegno finanziario esiste: è l'Istituto del credito sportivo, che dovrebbe occuparsi anche di cultura. Ma è commissariato da quattro anni».

 

Fonte: 

REPUBBLICA FIRENZE a pag. 11

Firenze: "Ai concerti al Franchi 38mila da fuori Toscana``

di Fulvioi Paloscia

Il trionfo hard rock

Il trionfo hard rock ll leader Bruce Dickinson è diventato voce e leader degli Iron Maiden nel 1981, al posto di Paul Di’Anno Il 19 febbraio 2015 ha annunciato di avere un tumore alla lingua. Dopo la guarigione ha sospeso i concerti fino a quest’anno. Il 4 settembre è uscito «The Book of Souls», sedicesimo album della band Grohl doppio Lo show con la gamba rotta e la risposta ai mille di Cesena: dai fan gratitudine doppia

La musica fa le corna. Non quelle scaramantiche a commento dei dati di mercato, che dopo anni di segno meno sembrano volgere al positivo, ma quelle del diavolo. Fuori indice e mignolo: il simbolo dell’hard rock e dell’heavy metal va rispolverato. 
Il disco più venduto la scorsa settimana? «The Book of Souls» degli Iron Maiden. Il concerto più visto del 2015? Quello degli Ac/Dc a Imola: oltre 90 mila persone all’Autodromo Ferrari, lo scorso 9 luglio. Il gesto rock dell’anno? Doppia nomination per Dave Grohl: per lo show portato a termine nonostante una caduta con conseguente gamba rotta e ingessata in pochi minuti e per aver risposto all’appello dei mille che hanno suonato «Learn to Fly» per invitare i suoi Foo Fighters a Cesena. E se i puristi dovessero storcere il naso per l’inclusione di Dave e soci nella categoria, basti ricordare che nella categoria hard/heavy hanno pure vinto un Grammy. 
Il fenomeno non ha confini. Gli Iron Maiden sono arrivati al numero 1 in Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Germania e Svezia. I sold out di gran parte delle date del tour degli Ac/Dc hanno fatto la fortuna dei bagarini online in tutta Europa e negli Stati Uniti. Per lo spettacolo di Imola della band di Angus Young e Brian Johnson si sarebbe potuti arrivare anche a un dato a sei cifre. «Ci siamo fermati prima con la vendita dei biglietti — spiega Claudio Trotta, promoter del concerto con la sua Barley Arts — perché volevamo garantire a tutti sicurezza e un’esperienza ottimale. Le richieste erano di gran lunga superiori».  
Tutto il comparto sta avendo soddisfazioni: i Metallica (con i Faith No More) hanno portato 30 mila persone ad Assago quest’estate. Sono una garanzia. Bene nei mesi scorsi anche Judas Priest e Linkin Park. Offerta sostenuta anche per l’autunno. I Motörhead compiono 40 anni e li celebrano con l’album «Bad Magic» appena uscito e un tour che li porterà in Italia a febbraio.  
In arrivo anche il nuovo disco degli Slayer, che suoneranno il 5 novembre a Milano (con gli Anthrax). Dal vivo gli altri appuntamenti da segnare in agenda sono Deep Purple, Marilyn Manson, il tour di addio dei Mötley Crüe, Ghost (quelli vestiti da vescovi), Lamb of God, Bullet for My Valentine e W.A.S.P. 
Manco fossimo negli anni Ottanta quando le chitarre e la ritmica pulsante del metal erano al massimo dello splendore. Allora la musica era anche una forma di identificazione sociale per i teenager. Ci si divideva in tribù in funzione degli artisti che si ascoltavano e il senso di appartenenza dettava le amicizie e anche il guardaroba. 
Da quando la pirateria ha colpito duro e ha ridotto i volumi di vendita, in vetta alle classifiche ci arrivano i bestseller o quelli che hanno una fan base di fedelissimi. Se tutti comprano il tuo nuovo album nella prima settimana, crescono le probabilità di un piazzamento nelle parti alte della classifica. E i metallari sono così da sempre: non mancano un concerto, non si lasciano sfuggire un’uscita, chiodo e jeans attillati sono pronti nell’armadio, il «pogo» ai concerti è una garanzia.  
Con le barriere ideologiche sono cadute anche quelle musicali. Le nostre playlist di oggi sono più fluide e meno identificate rispetto alle cassettine che facevamo allora. I servizi in streaming hanno aperto le orecchie a tutti i generi. Ma a fronte della normalizzazione pop (che ormai ha travolto anche i duri e puri del rap) del panorama musicale, hard rock e metal restano l’unico fortino inespugnabile. Un po’ come il villaggio dei galli di Asterix contro Cesare e l’Impero romano.  
Andrea Laffranchi

Fonte: Il Corriere della Sera

Gli organizzatori di Glasto, South by Southwest, Roskilde e tanti altri al prossimo Medimex di Bari

Tre giorni di incontri con i responsabili di GlastonburyEurosonicRoskildeSouth by SouthwestGreat Escape e altri festival prestigiosi di quindici paesi, dall’America alla Cina: oltre agli showcase e agli appuntamenti per il pubblico (Brian Eno anyone?) al prossimo salone dell’innovazione musicale promosso da Puglia Sounds ci saranno anche un sacco di incontri interessantissimi che daranno occasione di incontrare esperti del mercato mondiale della musica. 
Dal dal 29 al 31 ottobre a Bari infatti sono previsti workshop sul mercato degli Stati Uniti con il manager americano Mark Gartenberg e l’editore Eric Beall della Shapiro Bernstein, su quello della Germania con il tedesco Ralph Christoph del c/o pop Festival. E ancora i workshop con André Faleiros, talent scout del Cirque du Soleil - la famosa multinazionale con base in Canada che ha cambiato il modo di intendere il circo - e con i ricercatori Mattia Bergomi, Frédéric Bevilacqua, Riccardo Borghesi e il compositore Daniele Ghisi dell’Ircam di Parigi, il principale centro di ricerca acustica ed elettronica e punto di riferimento per la musica contemporanea. 
In calendario anche i case history sui festival Roskilde e Glastonbury, dei quali parleranno rispettivamente Henrik Rasmussen e Malcolm Haynes, e su Eurosonic, con l’intervento del fondatore e direttore Peter Smidt. Verranno inoltre proposti focus sul Mediterraneo con i panel e i face to face di Rania Elias-Khoury del Jerusalem Festival (Palestina) e di Brahim El Mazned del Visa for Music e del Timitar Festival (Marocco). Finestre sulla world music, l’indie pop-rock, il jazz e la musica d’avanguardia si apriranno, inoltre, grazie alla presenza dei direttori artistici di Cross Kultur (Polonia), Kolkata International Music Festival (India), SummerStage (Usa), Waves Festival (Austria), Jazz in Seoul e Zandari Festa (Sud Corea), Hong Kong International Jazz Festival e Sound of the Xity (Cina), Usadba Jazz Festival (Russia), Europa Vox Festival, Printemps de Bourges e Le festival Kiosquorama (Francia), Jazz Fest di Sarajevo (Bosnia Herzegovina), Luminato Festival e Mundial Montréal (Canada).
Ce n'è per tutti i gusti, insomma. L'appuntamento è  dal 29 al 31 Ottobre a Bari, presso la Fiera del Levante. Tutte le informazioni le trovate sul sito ufficiale del Medimex.

L'iniziativa è realizzata con il sostegno di Puglia Sounds - P.O. FESR PUGLIA 2007/2013 Asse IV.

Fonte: Rockol

Nicola Borrelli sostituisce Nastasi al Mibact.

Salvo Nastasi diventa commissario a Bagnoli e al suo posto c'è un dirigente campano. Si tratta di Nicola Borrelli, nato a Benevento, classe 1967, che ha ricoperto finora il ruolo di Direttore Generale per il Cinema. Ora swostituisce ad interim, il suo collega diventato Vicesegretario Generale alla presidenza del Consiglio. Borrelli si occuperà  di spettacolo da vivo in attesa del bando per la successione.

Fonte:

CORRIERE DEL MEZZOGIORNO NAPOLI E CAMPANIA a pag. 11
Nicola Borrelli sostituisce Nastasi al Mibact
di Redazione

 

Abbiamo chiesto agli spettatori dello Sziget cosa ne pensano delle band italiane

Come saprete, lo Sziget Festival è ormai una delle più grandi manifestazioni europee di musica dal vivo, dove si possono ascoltare artisti famosissimi accanto a nomi di nicchia e provenienti da tutta Europa. In particolare, da qualche anno a questa parte suona allo Sziget anche un folto gruppo di band italiane, ospitate sullo Europe Stage e sul Worldmusic Stage. Per questo abbiamo seguito i live italiani domandando agli spettatori stranieri che cosa ne pensassero. Abbiamo imparato quanto segue:

a) Gli ascoltatori stranieri non conoscono artisti italiani al di fuori di Pavarotti, Ramazzotti e Zucchero (non che la cosa ci abbia stupito)
b) Gli olandesi preferiscono techno e house al rock (nemmeno questo ci ha stupito più di tanto)
c) Lo Stato Sociale piace parecchio, i Fast Animals and Slow Kids meno (questo invece un po' ci ha stupito)
d) Gli ascoltatori stranieri non conoscono artisti italiani al di fuori di Pavarotti, Ramazzotti e Zucchero (repetita iuvant)

Leggi di più: http://www.rockit.it/articolo/sziget-festival-2015-report

Fonte: Rockit.it

Liga suona il tamburello per 200 mila

ANNA PURICELLA
BARI. Prima di scendere dal palco, Ligabue ha salutato Melpignano: «Grazie per questa realtà ». Sembrava stupito di vedere quelle 200 mila persone che lo hanno atteso fino alle due senza smettere di ballare. Effetto Notte della Taranta: si danza fino all’alba, fino a quando il corpo non espelle il veleno del ragno.
Dai secolari fenomeni del tarantismo al rock il passo è stato breve: è bastato scegliere come maestro concertatore Phil Manzanera, chitarrista dei Roxy music e produttore (anche dei Pink Floyd), affiancargli il bassista dei Clash Paul Simonon e la pizzica salentina ha spiccato il volo. Dall’Inghilterra alla Spagna con il chitarrista di flamenco Paul Rodriguez, fino alla Colombia di Andrea Echeverri e alla Nigeria del batterista Tony Allen.
«Per la prima volta la pizzica si è fatta sudamericana», ha commentato una delle storiche voci dell’orchestra della fondazione Notte della Taranta, Enza Pagliara. E lo si è sentito forte nelle scelte di Manzanera, che da un accenno pinkfloydiano dell’inizio ha dato poi respiro ad accordi che riecheggiavano i virtuosismi di Carlos Santana.
L’attesa era tutta per Ligabue, che ha permesso alla Notte della Taranta di battere il record di presenze nel suo diciottesimo anno: 200mila persone in un paesino che durante l’inverno ne conta appena duemila, provenienti da tutta Italia.
Lui è sembrato all’inizio impacciato, alle prese con il dialetto in Ndo ndo ndo e poi nel duetto con Alessia Tondo in Beddha ci dormi , per poi rilassarsi con le sue Il muro del suono e Certe notti , riarrangiate da Manzanera fino a perdere il loro lato più rock e arrendersi – nel caso dell’ultimo brano – a un’inedita versione in stile mazurka, complici il rullante della batteria e la fisarmonica.
La vera sorpresa per molti è stata la violinista inglese Anna Phoebe (Trans-Siberian orchestra), capace di contorcersi in scena come una “tarantata” d’altri tempi, ma il consenso è stato unanime soprattutto sia per i ballerini coordinati da Roberto Castello che per gli elementi dell’Orchestra: in ventidue hanno affrontato un repertorio recuperato dalla memoria storica, con perle immancabili come Pizzica di Aradeo e Pizzica degli Ucci , in grado di indemoniare i tanti giovani giunti a Melpignano.
“Cuore siciliano animo Melpignano”, era scritto su uno dei tanti striscioni che hanno salutato la Notte della Taranta. E così è stato: la possessione della taranta è durata fino all’alba, conquistando anche Twitter – l’hashtag #taranta2015 è stato al secondo posto nei trending topic – al di là delle immancabili discussioni sulla fedeltà di Manzanera al nocciolo del tarantismo.
E sembra aver conquistato anche Ligabue, tornato sul palco per la consueta buonanotte in griko (l’idioma degli undici comuni salentini grecofoni)di
Kalinifta , imbracciando un tamburello.
 
fonte: Repubblica

Perché Spotify farebbe bene a diventare un'etichetta (e a comportarsi come un social)

Siamo nel 2015, l'anno in cui ormai tutti conoscono Spotify, tutti lo usano e alcuni (in maniere diverse) se ne lamentano.
L'azienda sta procedendo a gonfie vele nel suo piano di sviluppo mondiale e il lavoro sta dando buoni frutti: secondo l'IFPI, è il servizio di streaming musicale più conosciuto al mondo dopo YouTube. Il successo è però accompagnato dalle polemiche sulla sostenibilità del modello e sull’effetto complessivo nell’industria musicale: gli artisti si lamentano dei pagamenti inadeguati dei diritti musicali, e l’industria si cruccia per la cannibalizzazione del prodotto, visto che i margini dallo streaming sono inferiori a quelli del canale fisico. Gli analisti invece si interrogano sulla capacità di monetizzare, sul raggiungimento/superamento del pareggio e sulla questione dei diritti.

Di fatto, lo streaming legale ha offerto un’alternativa alla pirateria, ma sebbene i servizi come Spotify o Pandora riservino la maggior parte degli introiti al pagamento dei diritti, gli artisti rimangono insofferenti. L'esempio più emblematico è quello di Pharrell, che per il suo tormentone "Happy" ha ricevuto da Pandora solo 3000 dollari nonostante il servizio ne avesse versati 150 mila: la reale questione quindi non è più quella dell’inadeguatezza delle cifre pagate per le royalties, bensì la trasparente e concordata ripartizione degli incassi tra case discografiche, editori, autori e interpreti.

I nuovi servizi stanno forzando un cambio nella distribuzione degli interessi in gioco rispetto all’attuale modello di produzione e distribuzione fisica che sta pian piano declinando, e la cosa ci costringe a chiederci quale ruolo le case discografiche debbano ricoprire in futuro. Perché se è vero che oggi un artista può vivere di musica e trovare una propria audience grazie al contatto diretto con i fan, è anche vero che le case discografiche funzionano ancora da incubatori: secondo il report IFPI ‘Investing in Music’ di novembre 2014, le case discografiche sono ancora i principali finanziatori degli artisti, dedicando complessivamente il 27% delle revenue (circa 4.3 miliardi) nella scoperta di nuove proposte e nel marketing. Le case discografiche si assumono il rischio, anticipano il capitale, offrono competenze e supporto nella ricerca e creazione del pubblico.

A differenza del passato però, oggi il centro degli affari è meno focalizzato sul prodotto e più sull’artista, la musica è un servizio e si paga per l’esperienza. In questo senso, l’industria musicale va contemplata per intero: ascoltare musica, entrare in contatto con l’artista, andare ai concerti, acquistare oggetti che ci fanno rivivere certe emozioni. Gli attori in gioco non sono più solo le case discografiche, ma anche chi organizza e produce i concerti, chi pubblica i testi delle canzoni, chi vende il merchandise, chi aggrega la musica digitale.

Chi aggrega, come ad esempio Spotify, ha un punto di osservazione privilegiato: ha la visione d’insieme e contemporaneamente il dettaglio della singola azione. Chi meglio di un aggregatore può interpretare i dati e rilevare comportamenti e tendenze? Chi meglio di un aggregatore digitale potrebbe rendere consapevole un artista del tipo di pubblico che lo segue, e aiutarlo ad entrarci in contatto? Chi meglio di un aggregatore sa quali sono i trend emergenti, i consumi consolidati e le nicchie, e ha quindi un’idea delle possibili azioni sostenibili per ciascun segmento? Infine, chi meglio di un aggregatore digitale potrebbe offrire un luogo dove far interagire artisti e ascoltatori e diventare il fulcro di azioni per vivere la musica nel mondo digitale ma anche nella vita reale?

Se questi motivi non dovessero bastare, di fatto la posizione di chi aggrega oggi è quella più avvantaggiata anche per creare contenuti musicali: abbina la capacità di analisi dei dati in tempo reale con l’opportunità di far incontrare –e anche influenzare– domanda e offerta. Per questo Spotify (così come Deezer, Youtube, etc) dovrebbe aggiungere alle proprie attività anche quella di creatore di contenuti, diventando una casa discografica innovativa

Più che creare giochini adatti a far passare un pomeriggio noioso, i preziosissimi big datadi Spotify potrebbero guidare le scelte per la scoperta di nuovi artisti (quello che in gergo si chiama A&R), calibrando rischi e opportunità a seconda delle nicchie e dei trend osservati. Gli eventuali diritti di produzione da sborsare per gli stream rimarrebbero in casa per ripagare l’investimento inziale e permettere il finanziamento di altri artisti. Le attività di promozione e marketing per dare visibilità agli artisti sarebbero facilitate dal tracciamento puntuale delle azioni di tutta la base utenti e quindi probabilmente avrebbero una maggiore efficacia. 
Non è un modello sconosciuto: in un altro settore dell’intrattenimento, Netflix ha seguito un percorso simile e oggi le sue attività di produttore di contenuti (presente House of Cards?) hanno successo al pari delle migliori produzioni ufficiali.

Spotify e gli altri servizi di streaming, in questo scenario, si trasformerebbero in un luogo ibrido, al tempo stesso strumento di ascolto personale e nuovo influencer, al pari di radio tv e stampa.

Le possibilità sono infinite, e girano tutte attorno al tema della personalizzazione: gli utenti sono persi in un mare infinito di canzoni, e quello che gli serve sono gli strumenti per navigarlo facilmente (le top chart e le playlist non risolvono questo problema). 
L’uso dei dati è fondamentale e potrebbe permettere ad esempio di automatizzare alcune scelte in base al contesto, ad esempio: mi trovo in una città straniera, cosa si ascolta di più in quel luogo? Sto correndo e la musica si auto-seleziona sulla base del ritmo, della durata e delle condizioni meteo; sono in giro e sento dei brani che mi piacciono, perché non tracciare tutto da Spotify evitando di dover aprire prima Shazam? Altra situazione: sono in auto, quale musica è più adatta allo stile di guida oppure è quella preferita da tutti gli occupanti della vettura? 

Il concetto di personalizzazione deve comunque andare oltre la dimensione personale e focalizzarsi con maggiore enfasi sulla componente sociale. L’ascolto e la scoperta di nuova musica spesso sono connessi alla condivisione con gli amici, con chi ha gusti simili, con referenti istituzionali. Quando si scopre un artista interessante abbiamo voglia di condividere la sua musica, di approfondire, di ascoltarne di più, di esprimere il nostro giudizio. Lo scambio continuo e l’influenza reciproca dovrebbero costituire il motore di un salto nel ruolo dei servizi di streaming: potrebbero diventare dei music social media.

Trasformare i servizi di streaming da semplici juke-box digitali a luogo di interazione e socializzazione a tema musicale potrebbe fidelizzare le persone e permettere loro di intrattenersi anche senza necessariamente ascoltare musica (il pagamento dei diritti fa sì che l’incremento dell’utenza/uso non abbassi i costi, ma li innalzi). 
In questa piattaforma si potrebbe: 

- recensire un nuovo disco
- parlare della musica preferita con i propri amici
- scambiarsi brani, playlist, artisti con gli amici
- scoprire persone con gusti simili
- pianificare concerti cercando amici con i quali andare
- creare massa per richiedere un concerto a un artista in una venue fisica
- raccontare i live visti
- condividere video musicali 
- assistere a concerti live virtuali e molto altro

La dimensione sociale implica anche che ascoltatori e artisti siano più vicini, permettendo un contatto diretto con i fan che sia però bidirezionale: da un lato la cosa potrebbe aiutare i musicisti nell’ottenere visibilità, e dall’altro darebbe maggiori informazioni ai fan sui propri artisti preferiti. Qualunque fan vorrebbe conoscere, e ascoltare, la musica che ispira o che piace al proprio musicista di riferimento, e potrebbe perfino giustificare un sovrapprezzo nell’abbonamento.

Il consumo sociale aggiunge valore all’esperienza musicale, e fa la differenza se c’è un'integrazione trasparente di tutte le attività che le ruotano intorno.

Lo streaming dovrebbe essere solo una delle caratteristiche del servizio, che si trasformerebbe così nell’hub unico musicale. Un luogo unico dove vivere la musica, dove trovare tutti – gli amici, gli sconosciuti, gli artisti, le label, i promoter, le riviste musicali e i blog, le fanzine, le radio e le tv – e nel quale fruire di tutti i contenuti musicali e affini. 

I servizi di streaming sembrano aver capito che questa potrebbe essere una buona direzione in cui dirigersi: Deezer ha messo a disposizione i testi delle canzoni grazie ad una partnership con LyricsFind, e Spotify vende il merchandising delle band grazie alla partneship con BandPage. Ma se fosse la piattaforma stessa, anche senza intermediario, a rendere disponibili oltre ai gadget anche i video ufficiali, le versioni live, i biglietti dei concerti, le campagne crowdfunding e tutte le altre attività legate alla musica? 
In questo modo la piattaforma diventerebbe un motore che ingloba servizi e informazioni per generare traffico e transazioni, sia all’interno sia verso le realtà specializzate. Guadagnando dalle transazioni, dal traffico e dalla capacità pubblicitaria.

I servizi in streaming sono in piena evoluzione, in cerca di modelli sostenibili. La strada è quella dell'user experience unica, che per forza di cose porterà all’accentramento dei servizi, riducendo il panorama competitivo a uno o due grandi player.

Fonte: Rockit.it

http://www.rockit.it/articolo/spotify-etichette-social-merchandising

Morto Francesco Caccavale, addio al patron del Teatro Augusteo

È morto ieri notte a Ischia Francesco Caccavale, il patron del Teatro Augusteo di Napoli. Colpito da un infarto poco prima della mezzanotte, era in vacanza al Regina Isabella con la moglie Alba. Aveva 77 anni.

Con Caccavale scompare un protagonista del teatro napoletano e nazionale, un impresario e un manager di grande esperienza e di valore riconosciuto. I funerali a Napoli, nella chiesa degli Artisti a piazza Trieste e Trento, martedì.

Fonte: il Mattino.it

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