Federcultura: gli italiani spendono meno per la cultura
- Scritto da Segreteria Assomusica
- Pubblicato in Attualità
1 luglio 2013 - Federculture oggi a Roma, in Campidoglio, ha presentato il suo Rapporto Annuale sulla spesa e consumi culturali nel 2012. Appassionato l'intervento del presidente Roberto Grossi (foto) davanti al sindaco di Roma, Ignazio Marino, e a due ministri, Massimo Bray - Beni, Attività Culturali e Turismo, e Enrico Giovannini, Lavoro e Politiche Sociali. Grossi ha sottolineato dati che fanno retrocedere il nostro Paese per cura e attenzione verso il patrimonio culturale e ha invocato soprattutto l'annullamento di quelle regole che vincolano la spesa e limitano l'iniziativa dei giovani che potrebbero trovare occupazione nel settore di cui solo a parole il Paese si vanta di avere : "raro patrimonio culturale", lasciato poi in abbandono . Dal Rapporto Annualedi di Federculture emerge che la spesa e i consumi culturali nel 2012, dopo un lungo trend di crescita costante durato oltre dieci anni, hanno subito un significativo calo: -4,4%.
Il valore complessivo nel 2012 è di circa 69 miliardi di euro pari al 7,1% della spesa totale delle famiglie. Nell’arco dei dieci anni precedenti, dal 2002 al 2011, la spesa culturale degli italiani era cresciuta del 25,4%.
Di pari passo con la spesa, nell’ultimo anno crolla anche la fruizione culturale, in tutti i settori. Mentre la partecipazione culturale complessiva (coloro che fruiscono di più di un intrattenimento culturale nell’arco dell’anno) è ferma al 32,8% in calo rispetto al 2011 dell’11,8%. Anche in questo caso si tratta di una netta inversione di tendenza dopo un decennio e oltre di trend positivi.
Dal 2002 fino al 2011, ad esempio, la fruizione teatrale era cresciuta del 17%, quella dei concerti classici del 12% e le visite a musei e mostre del 7,4%. Ora gli indicatori arretrano ai livelli del 2002, si torna indietro di 10 anni.
In termini di spesa delle famiglie e di consumi, si allungano le distanze con l’Europa. Siamo al di sotto della media Ue di spesa in cultura (8,9%) e tra gli ultimi in classifica prima solo di Grecia, Bulgaria, Romania e pochi altr Rispetto alla fruizione, francesi, inglesi, spagnoli ci superano per frequentazione di musei o siti archeologici, lettura di libri. Ad esempio, sono solo 28 su cento gli italiani che visitano un museo all’anno, contro i 52 inglesi, come solo 46% degli italiani legge un libro l’anno mentre lo fanno il 58,7% degli spagnoli e addirittura il 70% dei francesi.
• Gli investimenti e le risorse Dal 2008 ad oggi il settore culturale ha perso circa 1,3 miliardi di euro di risorse per effetto della crisi della finanza pubblica, statale e locale, e della contrazione degli investimenti privati. Il budget annuale del Ministero per i Beni e le Attività culturali, da diverso tempo sceso sotto i 2 miliardi di euro, negli ultimi dieci anni ha perso il 27% del suo valore (su confronto tra previsionale). Lo stanziamento per la cultura oggi rappresenta solo lo 0,2%, del bilancio totale dello Stato, nel 2002 era ancora lo 0,35%.
Per il 2012 lo stanziamento previsionale MIBAC è pari a 1.687 milioni di euro e si ridurrà ancora dell'8,3% per il 2013 attestandosi sulla cifra di 1.547 milioni di euro. Anche l'intervento dello Stato per il settore dello spettacolo, segue da tempo la stessa parabola discendente. Il Fondo Unico per lo Spettacolo dai 507 milioni di euro del 2003 è stato ridotto ai 389,8 milioni di euro del 2013, diminuendo in un decennio del 23,1%.
Negli ultimi anni si è poi aggravata la crisi dei bilanci delle amministrazioni locali, a lungo promotrici di politiche culturali attive e innovative. In pochi anni le risorse per la cultura provenienti dagli enti locali sono diminuite di oltre 400 milioni di euro. Dal confronto internazionale sulla spesa pubblica per la cultura emerge che l’Italia a livello statale impegna per il settore circa 1/3 della Francia che in un anno destina al Ministero della Cultura circa 4 miliardi di euro.
In termini assoluti il nostro budget statale per la cultura, 1,5 milioni di euro, è praticamente pari a quello della Danimarca, 1,4 milioni. nche sul versante dei privati tutte le fonti di finanziamento sono in calo. Le erogazioni liberali nel 2011 hanno raggiunto complessivamente i 55,3 milioni di euro, in calo però del 5% rispetto all'anno precedente. Le sponsorizzazioni private destinate alla cultura diminuiscono nel 2012 del 9,6%, scendendo a quota 150 milioni di euro. Rispetto a cinque anni fa (2008) le sponsorizzazioni culturali crollano del 42%. Le erogazioni ad arte e attività culturali da parte delle fondazioni bancarie, dopo una leggera ripresa nel 2010, registrano per il 2011 un decremento del 18,8%. Complessivamente il finanziamento delle attività culturali da parte dei privati (sponsorizzazioni, erogazioni liberali, fondazioni bancarie) dal 2008 ad oggi è sceso del 35%.
• Attrattività, competitività, talenti Nella classifica generale del Country Brand Index (che misura l’attrattività nel complesso) l’Italia perde 5 posizioni e scivola al 15° posto. Siamo però stabilmente in vetta per attrattività del Paese determinata dalla cultura. In un quadro generale positivo per il turismo - crescono nel 2012 del 2,3% i visitatori stranieri e del 3,8% la loro spesa nel nostro paese -, il turismo culturale rappresenta sempre una fetta significativa dell’industria turistica nazionale, ossia il 35%. L’importanza del turismo culturale è evidenziata anche dai dati sulla spesa turistica di italiani e stranieri sul nostro territorio: dei 72 miliardi complessivamente spesi dai turisti nel 2012, 12,6 miliardi, il 17,5%, proviene da attività culturali e ricreative.
Uno dei nodi cruciali intorno a cui si gioca la sfida per lo sviluppo e la competitività internazionale è quello dell'educazione e della formazione delle nuove generazioni. Il sistema scolastico e universitario italiano appare sempre meno in grado di reggere il confronto con gli altri paesi e meno attrattivo per studenti e ricercatori. Seppure in progressivo calo il tasso di dispersione scolastica in Italia è ancora al 18,2%, tra i più alti d'Europa, peggio di noi solo Spagna, Portogallo e Malta.L'Italia è al 26° posto tra i Paesi dell'Unione Europea rispetto alla spesa pubblica per istruzione e formazione con un'incidenza percentuale del 4,2% sul PIL, contro una media europea del 5,3%.Il numero degli immatricolati degli atenei italiani è in costante diminuzione: in dieci anni gli iscritti alle università sono diminuiti del 15%, negli ultimi venti anni addirittura del 25%.
Fonte: www.giornaledellospettacolo.it
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