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King Krule, la star inglese che agita i fantasmi del disagio sociale

  • Written by Flavio Brighenti
  • Published in Attualità

LONDRA - C'è un lungo e sottile filo rosso che raccorda le voci toste, scabre e combattive del rock britannico, sul fronte orgoglioso delle periferie. Dai Clash di Joe Strummer fino ai Libertines di Carl Barât e Pete Doherty, la giovane Inghilterra non smette di guardare con fervore ai suoi fiori selvatici e oggi già s'incendia di passione per Archy Marhsall, in arte King Krule (e svariati altri alias, in passato), cantautore e produttore che per il suo diciannovesimo compleanno - il prossimo 24 agosto - si regala la pubblicazione del primo album, 6 Feet beneath the moon (Sei piedi sotto la luna). La stampa specializzata d'oltre Manica è pronta a scommettere che il disco farà boom, lanciando definitivamente questo ragazzo smilzo e lentigginoso, dai capelli rossi e il ciuffo spiovente alla Gene Vincent, nella stratosfera del divismo musicale.

E anche una collega insospettabile come Beyoncé fa il tifo per lui: ne ha postato una canzone sul proprio profilo Facebook, consigliandola caldamente ai propri fan. E l'aneddoto non è irrilevante, non fosse altro che la cantante americana sfiora i 50 milioni di followers.

Il beneficiato - che può menar vanto di un'età in cui l'arroganza è lecita - ha preso il complimento come acqua fresca, commentando lapidario: "Non sono sorpreso, penso che la mia musica sia buona". King Krule è sfrontato, come si addice alla sua attitudine punk. Sa quel che dice, non si preoccupa di come e quando dirlo. Figlio di un art director della BBC, nipote di un musicista ska (lo zio era uno dei Top Cats), non ha fretta di bruciare le tappe.

Il suo curriculum in lenta e costante ascesa fa pensare alla strategia di un metronomo. A otto anni Archy già scrive canzoni. A 11 riceve in regalo dal padre un registratore a otto piste. Poi, adolescente, si concede ad alcune band del suo quartiere, nel sud-est londinese. Infine prende coraggio e inizia a esibirsi da solista, con moniker fantasiosi: DJ JD Sports, Edgar the Beatmaker, e a sedici anni si autobattezza Zoo Kid. È l'alias che lo sbatte per la prima volta sulle pagine dei magazine. Archy ha una bella voce baritonale, profonda, scura, cavernosa, l'esatto contrario di quanto ti aspetteresti dal suo aspetto fragile e sagaligno. Canta la delusione, il disorientamento sociale, la frustrazione e la rabbia della sua generazione con la personalità dell'autore di carattere. Con poche e centrate canzoni - l'EP omonimo del 2011 viene incensato dalla critica, Pitchfork addirittura accosta la sua poetica a personaggi come Billy Bragg e Leonard Cohen - si costruisce una reputazione di songwriter crudo e sorprendente.

Il suo album di debutto Six feet beneath the moon viene descritto dallo staff di True Panther/XL Recordings, che lo pubblica, come un lavoro che "oscilla tra il classico soul anni Cinquanta di Gene Vincent e Elvis Presley e la sperimentazione minimal e d'avanguardia della Penguin Café Orchestra, fino allo smog elettronico e le tessiture dub della stazione radio inglese Rinse FM". Tutt'altro che easy music, come si può intuire.

E tra i 14 episodi del disco, prodotto dallo stesso Marshall insieme a Rodaidh McDonald, già al fianco di The XX e Savages, due tra le band più osannate dell'ultima onda britannica, figura Out getting ribs, scritta a 15 anni dall'allora Zoo Kid. Prossimo all'investitura a rockstar internazionale, e mentalmente già predisposto ai sacrifici che questta dimensione comporta, King Krule ha già testato dal vivo l'aura della popolarità partecipando a festival importanti: Glastonbury, Wilderness, Parklife. E a settembre affronterà per la prima volta i palcoscenici americani. Crede in quello che fa, e anche progettualmente ha le idee chiare: "Sono un giovane senza illusioni.

Le generazioni che mi hanno preceduto hanno avuto il punk, gli skinheads. New York ha avuto la no wave. Scene musicali e artistiche. Oggi è tutto commerciale, prevedibile. È diventato più facile, la musica non è più espressione di nulla. La creatività era il modo più conveniente per raggiungere il successo...".

Oggi King Krule è sulla bocca di tutti e i suoi 19 anni promettono scintille. Non offre le rime rassicuranti che imperversano nelle radio commerciali - il New York Times lo ha indicato come un buon antidoto ai Bieber in circolazione - ma immagini anche cupe e inquietanti. Come quelle di Bathed in grey, una canzone in cui, come il regista di un thriller che inquadra la scena del crimine, osserva che "c'era sangue ... e un corpo nel buio". King Krule guarda i fatti nella loro profonda, densa complessità, non fa sconti a niente e nessuno. È proprio questa sua sensibilità di ragazzo adulto che sta convincendo la generazione degli anni Zero ad amarlo.

 Fonte Repubblica.it

Last modified onWednesday, 14 August 2013 18:34