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De Luca: «Solo ai concerti il pubblico resta protagonista»

STASERA farà il bis a San Siro conVasco Rossi. Sabato debutteràconTiziano Ferro all’OlimpicodiTorino.

Dove,indoor,il4 e5settembreriappariràcongli U2e il 19, 21, 22 novembre con Madonna.PerRobertoDeLuca, presidente e amministratore delegato di Live Nation Italia, fare concerti ha una curiosa similitudine con la bicicletta: «Puoi pedalareper60chilometri e non sentirli. Il segreto è sempre l’allenamento». Parole profetiche.Nel2014il fatturato globale del “touring” hasuperatoi20miliardi di dollari. Ed è in crescita. «Ho sempredettochelamusicadal vivo avrebbe resistito alla crisi della discografia» spiega De Luca «costretta a rinegoziare contratti o promuovere meno gli emergenti. Per noi è il contrario.

Dobbiamo investire di più, siamo diventati produttori deglishow. Tiziano Ferro saràmirabolante, con invenzioni che nessuno si sarebbe aspettato dauncantautorechehaesordito allo stadio solo tre anni fa. Quando dissi che in estate avremmo occupati ben otto stadi mi hanno preso per pazzo ».

Imacronumeri, come succede spesso nell’entertainment, sonounatrappolamanonsene può fareameno. Live Nation, a livello mondiale, è l’impresa chevendepiùbigliettieproduce più spettacoli musicali. Il 1° ottobre lancerà i suoi Awards, in un campo dove la festa televisiva- pubblicitaria, da BillboardaiGrammy,

è già saturo. Ma a differenza di altri premi, la multinazionale punterà a riconoscere aspetti di un tour, come miglior performance, “guerriero da strada”omiglior

collaborazione sul palco, apprezzati dal pubblico che spende miliardi in valuta pregiata. «Le presenze sono aumentate perché il concerto è l’unico caso in cui rimani protagonista.

Anche se poi lo replichi all’infinito su Internet. Ma 500 milioni di visualizzazioni su social network non corrispondono a mezzo milione di persone in uno stadio». Impegnato nei tour di Marco Mengoni, Foo Fighters, Cesare CremoninieNegramaro, De Luca deve allineare mle strategie italiane a quelle della casa madre, senza perdere di vista il contesto economico: «Gliitalianihannotagliatoa beni di consumo non primari, come l’automobile o le vacanze, mma non la musica dal vivo, dove i prezzi sono accessibili, frai30e40euro, con l’eccezionedistarchegiranopiùdirado, fra 70 e 100 euro». L’aumento di presenze è dovuto anche ad artisti «che sono sempre on the road. Per primo lo ha fatto Bob Dylan, gli altri sonovenutiaruota. Ora dovremo trovare modi più moderni di vendere biglietti. Se comprarli sul web in America raggiunge il 90%, noi siamo ancora al 40.Mail gap si ridurrà in pochi anni». L’altro aspetto è il ricambio generazionale: «Oltrea Vasco,Jovanotti,LigabueoFerro, c’è comunque una generazionechesièfattastradaneiteatrie poi nei palasport. Chiedersi cosa succederà quando certerockstar ridurranno la loropresenzaèinutile: il loroposto verrà preso dai più giovani, soprattutto contando sui festival, io voglio rilanciare l’Heineken Jammin’, perché sono una vetrina mediatica irrinunciabile.

Pensavamo che dopo U2eRolling Stones fosse finita, invece sono arrivati Muse, Robbie Williams, Foo Fighters, Ed Sheeran. One Direction. Oggi viene più gente ai concerti di vent’anni fa. Vivere le emozionièmegliochevederleonline».

 

fonte: Il Secolo XIX

Last modified onFriday, 19 June 2015 19:27