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Il Fatto quotidiano: Concerto U2 esaurito in pochi minuti

La versione online del Fatto Quotidiano si è occupata del caso U2 e di un nuovo scandalo di secondary ticketing: "Tante similitudini con il “caso Coldplayper l’attesissima tappa italiana del tour degli U2, ‘U2: The Joshua Tree Tour 2017’, in programma allo Stadio Olimpico di Roma il 15 luglio. Sul sito di TicketOne si sono collegati in massa alle 10 di lunedì mattina, per farsi trovare pronti all’apertura delle vendite, ma i biglietti sono andati esauriti nel giro di pochissimi minuti. Così i fan si sono infuriati, specialmente dopo aver visto gli stessi biglietti messi in vendita a prezzi altissimi sui siti di “secondary ticketing“. Live Nation, che organizza il concerto, ha annunciato una “seconda e ultima data” per il 16 luglio. A Roma ci saranno dunque due serate consecutive del tour che vuole celebrare il trentesimo anniversario dell’omonimo quinto album della band.

È andata in scena la stessa trama già vista per lo show dei Coldplay a Milano: biglietti in vendita il 7 ottobre e finiti in pochissimi minuti, fan infuriati, date raddoppiate (3 e 4 luglio). Anche in quell’occasione TicketOne era finita al centro delle critiche e Altroconsumo aveva inviato all’Autorità garante per la Concorrenza del mercato una segnalazione di pratica commerciale scorretta. Ma la polemica è soprattutto su Live Nation e i siti di “secondary ticketing”, dove si sposta la corsa al biglietto una volta esauriti quelli del rivenditore ufficiale. Se su TicketOne i prezzi variavano da 35 a 180 euro, scrive La Stampa, sui portali come Viagogo i più economici partono adesso da 199 euro".

Sulla versione cartacea è riportato il commento del presidente di Assomusica Vincenzo Spera: "Abbiamo presentato un emendamento alla legge sul settore approvata in Finanziaria. Ora aspettiamo i decreti attuativi. Vogliamo l'oscuramento dei siti di secondary ticketing, non solo le multe. Certo, poi c'è da capire come intervenire sulla pirateria offshore. Speriamo di uscirne fuori".

HuffingtonPost: La legge sulla musica arenata in Parlamento

La legge sulla musica attesa da vent'anni? Da sette mesi giace in Parlamento su un "binario triste e solitario" ed è ragionevole aspettarsi che, dimessosi Renzi e affievolitosi malgrado tutto l'orizzonte "vitale" della legislatura, la proposta di legge delega al governo per riordinare il settore giacerà nelle Commissioni parlamentari fino alla liquefazione delle Camere.

Un buon motivo, in campagna elettorale, per riformulare promesse e accalappiare voti nei pressi di una delle categorie più bistrattate e spernacchiate del nostro belpaese. Ma andiamo con ordine, perché la faccenda è un vero guazzabuglio e le responsabilità, a occhio, composite.

Intanto qualche dato Istat, messo nero su bianco nella relazione della (sacrosanta) iniziativa legislativa del piddino Rampi (e subito osannata a giugno sui giornali come fosse già entrata in vigore): il 78,8% degli italiani non ha assistito a un concerto nel 2015, per il resto l'80% di chi ci va lo fa per non più di tre volte l'anno. E sì che il Mef ogni anno registra 7 milioni di ingressi per complessivi 260 milioni di euro.

Non solo, ma nel settore della musica prodotta il settore ha chiuso nel 2015, in attesa di dati più recenti, con un incremento del 21 percento. Insomma, la musica rende su Spotify e cugini, ma le attività concertistiche dal vivo muoiono. La legge sulla musica sarebbe servita a chiudere, in qualche modo, il cerchio sul finanziamento della cultura fatto dal bonus giovani di 500 euro per andare a teatro o ascoltare concerti, con la legge sul cinema e con il progetto complessivo della Buona Scuola.

E sì che la musica dal vivo produce ricchezza, pur misconoscendo a categorie quali compositori o direttori d'orchestra, non dipendenti da Filarmoniche o altri Enti lirici, alcuno statuto imprenditoriale: "Sia che io lavori con la Philarmonie di Radio France che con l'Operaia o con l'Orchestra di Sanremo, dò lavoro e produco reddito che condivido con molte persone. Sono una fonte di reddito per molte persone che, bene o male, sanno che, nel computo mensile dei guadagni, possono contare su di me; quindi, non capisco perché noi non si possa essere inquadrati in un contesto che protegga e incrementi il nostro lavoro, finalizzato al bene comune. Noi compositori e direttori d'orchestra dobbiamo essere comparati a piccoli imprenditori", si sfoga per esempio Massimo Nunzi, uno dei più attivi musicisti italiani, che ci invidiano all'estero; tra i pochi immune, peraltro, al virus del piagnisteo e del super-io diffuso tra i pentagrammatisti.

Ma di cosa, più esattamente, avrebbe bisogno il settore, che è disciplinato ancora, tra l'altro, dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931?

Il progetto di delega è chiaro: di almeno 50 milioni di euro all'anno, istituendo un apposito (ennesimo) Fondo ad hoc nel bilancio del Ministero dei beni e delle attività culturali. Soldi che servano a realizzare o ammodernare tecnologicamente strutture per fruire della musica, rivedendo la normativa tributaria applicando un'aliquota unica per pareggiare le disparità tributarie previste, prevedendo regimi fiscali agevolati, riservando quote per le opere dei talenti emergenti, attribuendo - appunto - lo status di piccoli e medi imprenditori a chi organizza e produce spettacoli, stabilizzando il credito di imposta per i costi sostenuti per attività di produzione dei concerti di musica contemporanea dal vivo.

Misure ragionevoli per un settore che, oggettivamente, produce ricchezza e che, se disciplinato, ne potrebbe produrre assai di più. E allora, perché non si fa? Alle cicliche crisi della finanza pubblica, è ovvio, si aggiunge l'atavica ritrosia nazionale a investire effettivamente sulla cultura, specie in momenti storici in cui ogni urgenza, a torto o ragione, porta a rimandare l'idea di mettere la posta in una casella a rischio presunto.

Ma c'è una ragione, collaterale, in più: l'habitat in cui etologicamente crescono i musicisti produce un brodo di coltura fatto di ego ipertrofici, discrasie, gelosie, zuffe da pollaio, difesa di rendite di posizione e pedanterie da logici medievali sui termini, che tradizionalmente hanno impedito alla categoria vessata di presentarsi "unita" nelle sedi istituzionali con proposte chiare.

Basta, d'altronde, farsi un giro in rete o per i social e vedere quanto, al secondo salamelecco di consenso e tributo l'un con l'altro, parta subito dopo una bizzarra guerra di religione tutta interna alla categoria. Nella musica popolare c'è pure il jazz? E perché il jazz sì e il pop indie no? E cos'è il jazz? E chi è professionista e chi non professionista? E cosa definisce la musica contemporanea? Ma nella musica popolare c'è solo il folk o pure il rock underground?

E via via dimenticano, o vogliono dimenticare, il tema di fondo: un regime fiscale sostenibile e finanziamenti adeguati alla musica dal vivo. E nella zuffa dei possibili beneficiari la scelta inevitabile del legislatore è lasciarli scannare e non entrare in una landa che poi scontenterebbe tutti.

Il risultato di questo lo scrive chiaramente Victor Solaris (che rispetto a una legge che non arriverà mai, propone intanto piccole misure ad hoc di modifica sul regime fiscale previsto dal testo unico sulle imposte e sui redditi) su Sos Musicisti, una delle associazioni a tutela della professione: "Sappiamo tutti che la risultante di questi problemi ha un solo nome: sommerso. Tollerato, umilante, indecoroso sommerso!".

Già, perché fino a oggi il nero, se non è la regola, è una prassi piuttosto diffusa - spesso necessitata - nel mondo degli spettacoli musicali dal vivo. Non accorgersene non è solo sbadataggine.

Digital Single Market, le nuove strategie sulla privacy e i dati

Sono in arrivo nuove leggi della Commissione europea per migliorare la privacy nelle comunicazioni elettroniche e processare dati in modo più sicuro nell’ambito del Digital Single Market.

La privacy è quindi un punto fondamentale e l’obbligo di mantenerla sarà ora esteso non solo ai mezzi tradizionali ma anche a quelli più recenti come WhatsApp, Facebook Messenger e altro. Lo stesso livello di protezione sarà applicato a tutta l’Unione e riguarderà non solo il contenuto dei messaggi ma anche metadata come l’orario o la location.

Secondo la Commissione questo aprirà a nuove possibilità di business e servizi aggiuntivi.

Saranno inoltre semplificate le regole sui cookies, che non richiederanno più autorizzazione se non saranno invasivi della privacy, mentre dall’altra parte gli utenti avranno un maggior controllo sulle impostazioni.

Dovrebbero anche essere bandite le comunicazioni elettroniche e telefoniche se non richieste dall’utente, comprese quindi le telefonate di marketing diretto.

L’adozione da parte dei Paesi membri dell’UE dovrà avvenire entro il 25 maggio 2018.

Collegato al discorso della privacy è quello del potenziale dei dati, compresa l’importanza di evitare le restrizioni non giustificate del passaggio di dati attraverso i confini. Gli Stati membri potranno così essere coinvolti in progetti del genere per esplorare i problemi in situazioni reali.

La fetta di economia riguardante i dati è stata stimata in 272 miliardi per il 2015, con una crescita annua del 5.6 per cento, ed entro il 2020 potrebbe arrivare a dare lavoro a 7.4 milioni di persone. I dati potrebbero inoltre essere utilizzati in diversi campi, dalle previsioni del tempo alle analisi di business per arrivare alla medicina e alla sicurezza sulle strade.

 

Il premio per il festival più verde al portoghese Boom

È il festival portoghese Boom il più verde secondo i premi assegnati all’Eurosonic Noorderslag. Fra i più votati ci sono anche il francese We Love Green, Glastonbury e, negli Stati Uniti, il Green Music Fest.

Fra le categorie prese in considerazione nel campo della sostenibilità ci sono i trasporti, lo smaltimento dei rifiuti e il rispetto dell’ecosistema locale. L’impatto negli eventi scelti è stato minimo.

Anche questi festival faranno parte dell’evento Green Events & Innovations Conference, che si terrà a Londra il 7 marzo durante l’ILMC.

Twickets si rilancia dopo il successo del crowdfunding

Twickets, il sito che propone la vendita di biglietti a prezzo di costo, ha concluso una fruttuosa campagna di crowdfunding. La proposta era di raccogliere 700 mila sterline ma il conto finale è stato superiore agli 1.2 milioni.

A questo punto, le possibilità del sito si allargano a livello globale. I fondi andranno soprattutto verso il reparto tecnologico e per le campagne pubblicitarie: la prima si concentrerà sull’incentivare gli utenti a parlare di Twickets, che sembra aver trovato una possibile soluzione al secondary ticketing.

Il sito arriverà anche in Spagna a marzo e presto potrebbe essere presente anche in Svizzera, ma il resto dell’Europa e l’Australia, oltre al territorio di New York, potrebbero seguire a breve.

Al momento il valore della startup, fondata nel 2011, è valutato sugli 11 milioni di sterline.

Saranno presto lanciati anche servizi come la waiting list che permetterà di registrarsi per un concerto prima della prevendita. Al momento, è l’unico rivenditore nel mercato secondario che abbia la licenza per artisti come Adele, Mumford & Sons e One Direction.

La realtà virtuale sempre più influente nel 2017

Anche nel 2017 è destinata a crescere l’influenza della realtà virtuale sul business musicale. Fra gli apripista c’è Live Nation che negli Stati Uniti ha stretto una partnership con Hulu, brand televisivo, per una serie documentaria, On Stage.

Le interviste e i dietro le quinte utilizzeranno ovviamente la realtà virtuale. Fra gli artisti rappresentati ci sarà Lil Wayne.

Anche la startup NextVR punta a offrire sempre più eventi a pagamento e in abbonamento, dopo aver stretto un accordo con Live Nation, mentre Warner ha trovato un partner in MelodyVR.

Secondo una ricerca, inoltre, chi utilizza la realtà virtuale spende in generale più di altri fruitori musicali. 

In Gran Bretagna continuano le iniziative per la musica live

Continuano in Gran Bretagna le misure a favore dei musicisti e in generale dell’industria musicale.

È stato rilanciato per il 2017 il fondo per il Music Export’s Growth Scheme, cioè uno schema per la crescita delle esportazioni musicali. Dalle 1.6 milioni di sterline del 2014, fino a marzo 2016, il fondo è infatti salito a 2.8 milioni per i prossimi tre anni, diretti alle band che vogliano promuoversi con tour all’estero.

Le richieste possono andare dalle 5 alle 50 mila sterline. Le prime 250 mila sterline sono già state assegnate a 21 band.

Oltre alle possibilità di finanziamento, è in corso anche un censimento in tutto il Paese per scoprire le difficoltà di locali, promoter e musicisti. L’iniziativa è stata lanciata dalle università di Edimburgo, Glasgow e Newcastle, insieme al Live Music Exchange e all’Arts and Humanities Research Council.

Saranno prese in esame sette città e lo studio sarà allargato ad altri che vogliano partecipare in tutto il Regno Unito, dal 9 marzo all’8 maggio. Iniziative simili erano state realizzate a livello di singole città come Bristol, dove si era scoperto che la musica live porta 123 milioni di dollari all’economia locale.

La ricerca si concentrerà quindi sulle sfide per artisti e imprenditori, ma anche per chi deve studiare le politiche sulla musica live.

Pandora, dopo lo slancio i primi licenziamenti

Dopo il grande slancio dei servizi in streaming, nel 2017 Pandora ha annunciato una riduzione del personale pari al 7 per cento.

È stato il dirigente Tim Westegren ad annunciarlo in un messaggio agli stakeholder, spiegando la necessità di concentrarsi sulle operazioni più proficue. Dalla riduzione è esclusa la compagnia per la vendita di biglietti Ticketfly.

Al momento i maggiori introiti derivano dalla pubblicità ed è stato annunciato che il nuovo servizio a 5 dollari al mese ha attratto 375 mila nuovi abbonati. Nel corso dei primi mesi del 2017 sarà inoltre proposto un abbonamento on-demand a 10 dollari al mese.

Spotify offre un lavoro a Obama come presidente delle playlist

Dal 20 gennaio Barack Obama non sarà più presidente degli Stati Uniti e prima che trovi un altro lavoro è stato Spotify a pensare di lanciargli un amo.

Il canale in streaming ha infatti creato un annuncio di lavoro perfettamente adatto al quasi ex presidente: fra i requisiti, infatti, c’è aver governato uno dei maggiori Paesi del mondo per almeno otto anni. Inoltre, è preferibile che alla propria festa di compleanno abbia partecipato Kendrick Lamar.

Obama sarebbe quindi invitato a diventare “Presidente delle Playlist” dopo averne realmente create diverse per i cittadini americani nel corso dei suoi due mandati, oltre ad avere rapporti stretti con alcuni dei principali artisti, da Beyoncé a Drake.

Il curatore delle playlist è comunque un ruolo sempre più importante per Spotify, Tidal e altri canali.

Mashable.com: Come Snapchat cambierà l'industria musicale nel 2017

È il sito tecnologico Mashable a spiegare come Snapchat potrebbe cambiare la vita di chi lavora nel campo della musica. Il social network sta prendendo sempre più campo fra i fan ma anche fra i professionisti e il 2017 potrebbe essere il suo anno.

Ed Sheeran ha utilizzato proprio Snapchat per lanciare un promo del suo nuovo video, proposto con la realtà aumentata. Basta un paio di occhiali da sole per visualizzare le proposte, come quella del rapper Sage the Gemini.

Il social network ha inoltre iniziato a fruttare non solo in campo pubblicitario: vengono infatti pagati i diritti agli artisti o viene diviso il guadagno dai post sponsorizzati. Tutta la musica presentata è sempre autorizzata e sparisce come il resto dei post dopo un certo numero di ore.

Per gli artisti è utile anche la funzione Live Stories, utilizzata per esempio dai fan a un concerto per collegarsi fra loro. Altro potenziale viene dalla connessione con Shazam per identificare i brani.

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